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Disquisizione sulla recensione

Ciascuno di noi è assetato di recensioni, ne abbiamo bisogno per sentirci più sicuri, per non errare la nostra scelta, la scelta di un film, di un libro, di un album musicale. Il pubblico ne è assuefatto, non esiste più uno slancio individuale di curiosità o di coraggio nei confronti di una rappresentazione, esiste solamente la necessità di colmare il vuoto creato dal proprio indugio con una parvenza di sicurezza, dettata dalla recensione. Non c’è spazio per il nuovo, per il vero nuovo, per l’ignoto. Tuttavia, il colpevole non è il pubblico fruitore, ma la cosiddetta “stampa”, e a rimetterci è la cosiddetta “arte”. In un mondo nel quale fa da padrona, la recensione è deficiente, deficiente perché mancante di verità, di verità nuova.

Scrivo questo piccolo articolo per rappresentare la becera scena musicale romana elevata e condita da uffici stampa e blog imbarazzanti che ne osannano la maestosità e la grandezza. Miriadi di musicoidi, inconsapevoli di sé stessi, son recensiti da qualsiasi tastiera con paroloni: son tutti dei baluardi, baluardi della canzone, della scrittura, della profondità psicologico-emozionale, del messaggio sociale, dell’originalità artistica. Son tutti impeccabili, i musicisti e i rapinatori da tastiera. Rapinatori perché fior fiore di soldi necessitano gli uffici stampa che elemosinano recensioni, recensioni che in realtà equivalgono a quattro righe di testo nel quale gli aggettivi positivi nei confronti delle opere si sprecano, opere poi… dissonanti vezzi musicali è la giusta definizione, o meglio recensione.

Il ruolo del critico è importante, ha il fine di entrare nella dimensione (se esiste) dell’artista e della sua opera. Deve comprenderla, sviscerarla, inserirla all’interno del concetto di musica, di arte o di qualsivoglia definizione, oppure di gettarla coraggiosamente in pasto al commento negativo mantenendosi nel labile confine della nebulotica oggettività. Per scrivere una recensione dignitosa bisogna essere coraggiosi e soprattutto conoscitori della musica, quindi non essere solamente delle grammaticali e rapide viperette da tastiera.

Roma è grande, e grande è anche il numero di artistoidi perché la musica è diventata democratica, chiunque ha la possibilità di musicare, forse è giusto così, non sarò io a recensire questa volta, è necessaria in ogni caso la distinzione tra “chiunque” e  “la qualunque” e questa distinzione dev’essere messa su carta dalla stampa. Che esista una carta nella quale riporre una cieca fiducia! Per adesso coriandoli e fuochi d’artificio per ogni passante musicoide, difficile è ormai venire a conoscenza, mediaticamente, di una originalità artistica, ed ahimè la mediatica fa oggi da protagonista nella comunicazione, a questo punto che faccia da protagonista con dignità e correttezza.

Articolo a cura di Archita Giuseppe Russo