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GLORIA! La fiaba di Margherita Vicario

Viva la libertà. Viva la sorellanza. Viva la musica. Tre semplici parole per racchiudere l’essenza di “Gloria!”, audace opera prima di Margherita Vicario che ha debuttato l’11 aprile nelle sale italiane. 

L’opera si inserisce direttamente in quel filone cinematografico di cui sono esempi “Piccole Donne” di Greta Gerwig e “Marie Antoinette” di Sofia Coppola, raffigurando un contesto del passato unito ad uno sguardo moderno dalle sfumature pop.  

Se Dickens fosse stato femminista, avrebbe amato “Gloria!”.

La trama del film ricalca apparentemente la struttura di un romanzo sociale: nei primi dell’800, nel collegio di Sant’Ignazio, le giovani orfane sono istruite nello studio della musica sotto la dispotica direzione di Don Perlina (Paolo Rossi). Per lui, le giovani musiciste sono semplici strumenti nelle sue mani, costrette ad eseguire ripetutamente il proprio repertorio. Le costringe al silenzio, ripudia i loro suggerimenti, le umilia pubblicamente: è il simbolo di un potere tirannico destinato ad essere cancellato. 

Il desiderio di ribellione e di autoaffermazione delle protagoniste, grazie alla genuina interpretazione delle attrici, echeggia alla nostra sensibilità moderna. Sentiamo il peso delle ingiustizie che subiscono, l’incertezza del loro futuro e la paura di non possederne uno, la rabbia repressa che vorrebbero esprimere, la vitalità della musica che le travolge. Così, superando duecento anni, la loro battaglia diventa la nostra. Una battaglia combattuta attraverso corde di violino e sonate al pianoforte, la Musica diventa la vera protagonista del film, come mezzo per le protagoniste per esprimere sé stesse e far valere la loro voce. 

Vicario realizza un’opera gioiosamente leggera e fresca che condensa classico e moderno senza risultare forzata, grazie ad un cast corale in cui ogni singolo personaggio s’inserisce come strumento indispensabile in quell’opera magistralmente orchestrata che è “Gloria!”.  

Articolo a cura di Arianna Gnasso