Tre sorelle – Muta Imago
A cura di Serena Spanò
Interno. Un salotto elegantemente semivuoto. Una radio, una morbida pila di cuscini, giornali sparpagliati a un angolo della moquette, un telefono color panna rompe l’equilibro cromatico della tappezzeria. Al centro, tre sorelle.
Dal 9 al 14 maggio, il Teatro India di Roma ha avuto il merito di riscattarsi da una stagione poco applaudita, accogliendo l’ultimo lavoro dei Muta Imago.
Il duo romano, dopo Sonora Desert e Ashes, ha deciso di concludere il suo studio sulla vita, sul tempo e sulla paura della morte cimentandosi con un classico della drammaturgia contemporanea, e non avrebbero potuto scegliere un testo migliore! Tre sorelle di Anton Čechov è la dichiarazione di una triplice sconfitta.
Tre donne legate da un unico desiderio, vincolate a un passato che vorrebbero ripetere, un’ansia di futuro che ha il volto del passato e il senso di un riscatto. Se pure ognuna vive la sua personale sconfitta, è insieme che affrontano le disfatte più gravi. Bloccate nel rotor di un eterno presente di ricordi e aspettative infrante, trascorrono una vita sospesa nello spazio raccolto di una casa vuota. Sarebbe riduttivo definirla una “riscrittura” o un “adattamento”, perché la pièce, firmata nella regia da Claudia Sorace, nella drammaturgia e nel suono da Riccardo Fazi, si configura come un meticoloso studio drammaturgico al servizio di un chiaro progetto artistico.
Raccolti i frutti dell’esperienza, non hanno cristallizzato il loro stile, mettendolo alla prova di un testo spesso considerato “intoccabile”. Se il disegno luci scolpisce la dolce tristezza della scenografia, scandendo un tempo interiore di ricordi e percezioni, il progetto sonoro si configura come un leitmotiv di predestinazione (interpretato dall’esecuzione di Lorenzo Tomio), metronomo di un tempo diverso da quello performato sul palco, ma che influenza il ritmo della messa in scena, mescolando parole e movimenti. Voci di uno stesso corpo sono in scena le tre protagoniste, interpretate con rara eleganza da Federica Dordei (Ol’ga) Monica Piseddu (Maša) e Arianna Pozzoli (Irina).
Il ritmo delle voci si incastra con quello musicale, mentre i corpi ne seguono uno ancora diverso, ricordando Accumulation plus Talking plus Watemotor di Trisha Brown. Ampliando lo studio di Ashes, il suono si fa parola poetica, più ponderata, musicale. Anche il lavoro sul tempo viene ripreso e perfezionato, reso disordinatamente concreto, perché dopo una perdita, l’umana percezione del tempo si attorciglia in un groviglio di trame alternate, tra sconfinate dilatazioni e dolorose fitte istantanee. Ma allora «Perché ricordare?», perché il ricordo non muore, perché – e questa è la suprema sconfitta delle protagoniste – «Dobbiamo vivere».
La consuetudine al dolore è un sanguinolento buco nero del cuore, in cui ricordi e sentimenti sono protetti da un polveroso strato di nostalgia. La convivenza prende le forme dell’arredamento, un museo di cui le sorelle sono custodi fedeli, sacerdotesse aggrappate ai propri quesiti irrisolti come a un culto, donne unite dall’intimità di un focolare domestico distrutto. Una pistola sulla moquette, una finestra aperta. Al centro, Tre sorelle.
di Anton Cechov
regia Claudia Sorace
drammaturgia / suono Riccardo Fazi
con Federica Dordei, Monica Piseddu, Arianna Pozzoli
musiche originali eseguite dal vivo Lorenzo Tomio
disegno scene Paola Villani
direzione tecnica e luci Maria Elena Fusacchia
costumi Fiamma Benvignati
amministrazione, organizzazione e produzione Grazia Sgueglia, Silvia Parlani, Valentina Bertolino
ufficio stampa Marta Scandorza
foto di scena Luigi Angelucci / Gaia Adducchio
coproduzione Index Muta Imago, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, TPE/Teatro Piemonte Europa
in collaborazione con Amat & Teatri di Pesaro per Pesaro 2024. Capitale Italiana della Cultura