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Zugzwang-L’immensità di una mossa forzata

Un mondo abitato da due esseri pacifici su un palco spoglio di ogni cosa, ed è subito l’immenso.

 

Nel gioco degli scacchi lo Zugzwang indica il momento in cui si è obbligati a fare una mossa, nonostante ci si senta impossibilitati a farlo, poiché si sa che, muovendo, qualcosa andrà sicuramente perduto, se non addirittura tutto. E allora cosa muovere, e soprattutto come muovere, e ancora, bisogna muovere? Fino a che punto il movimento è uno slancio vitale e quando diventa una fuga o uno stallo?

Con questi interrogativi,  fratelli Elisabetta e Gennaro Lauro, danzatori della compagnia Sosta Palmizi, hanno lavorato a questo ultimo progetto, il primo che li vede partner sulla scena.

Zugzwang – Un inestricabile labirinto di figure

Due individui, fratello e sorella sul palco e nella vita, sono pedine all’interno di una scacchiera, un labirinto di figure in cui sono racchiuse tutte le loro possibilità di movimento e di relazione. Ad ogni figura corrisponde un mondo, un enigma da attraversare e decifrare. Tra deviazioni, incastri e impasses i danzatori provano a disinnescare il gioco, piegandone le regole e chiedendosi quanta libertà sia concessa in un ordine prestabilito, ma Zungwang, il sistema sembrerebbe inamovibile.

Un costruire lentissimo, morbido e adombrante, che i due fratelli muovono, ribadendo la fermezza del passato (che va ripetuto, rispettandone le regole le forme, i tratti e ritratti distintivi) e tentando di anticipare ciò che sarà a venire, alla ricerca di escamotage e vie di fuga strozzate sul nascere. Con questo Zugzwang, espressione danzante corporea e metafisica, Elisabetta e Gennaro Lauro si confermano nobili rappresentanti di una nuova scena di danza contemporanea di rara qualità, autori di allestimenti stimolanti ed elegantemente creativi. Come due asceti i danzatori fioriscono attraverso una serie di movimenti quasi impercettibili che si sviluppano istante dopo istante, in armonia e concentrazione con l’universo, usando energia atta a sopravvivere.

L’incanto fonico dello Zugzwang

Lo spettacolo dimostra che anche il movimento può avere un suono proprio e primario, unico, data l’assenza (iniziale) della musica che si svilupperà progressivamente nel corso della performance. I danzatori fanno parte del gioco – sono il gioco -, della consapevolezza di ciò che è, il movimento, che il movimento è azione e l’azione è decisione, e quindi consapevolezza della decisione da prendere nonostante l’alto costo dell’agire. Un terzo, attore, il musicista polistrumentista Amedeo Monda, incombe dietro ai danzatori, sullo sfondo, abitando una consolle. Dal fondo della scena il musicista inizia a creare atmosfere oniriche con un’armonica ma presto finisce col pizzicare suoni e sibili che velano ciò che comunque non può essere nascosto, la celebrazione dello scorrere del tempo dei suoi nervosi e inquietanti attimi, di una benda enorme da mettersi sugli occhi per non vedere quel che può farci soffrire.

Una reazione alla passività della coazione a ripetere degli avi, dell’obbedienza forzata al tempo, in questa partita con la via che sembrerebbe persa in partenza, è indispensabile. Anche se scoordinati, ognuno a suo modo, nelle incognite eventuali i danzatori fanno un tentativo. I suoni allora si amplificano, stridono, arrivano fin sottopelle qualche volta, come battiti di orologio, tempo e spazio senza scampo alcuno di fuggire. I movimenti minimi accelerano, richiamano altri istinti, mentre sottofondo sembra di sentire rumori di guerra, elicotteri in volo impazziti in un’umanità frastornata.

La ricerca dell’immensità

I corpi, illudendosi di essere liberi cercano l’Io con istinto e creazione, le espressioni facciali che indicano gli stati d’animo attraversati. La coreografia dei fratelli Lauro è ricerca, invenzione, studio, è una rara occasione di vedere corpo come materia, figura plastica, opera di carne e istinto, mentre la luce si attenua come fosse luna notturna. Le figure si rendono conto di trovarsi in un labirinto e attuano un modo di poter vivere con un proprio schema, muovendosi tra detriti, decidendo, agendo. Sulle note di Immensità, di Andrea Laszlo De Simone, avviene l’inatteso. I fratelli trovano l’armonia negli ultimi movimenti, per la prima volta sincronizzati, decisioni destinate a creare azioni in grado di rifiorire tra le frantumazioni.

Questa è solo una recensione, ma cosa ne pensano gli artisti? Ascolta Elisabetta e Gennaro Lauro, ospiti dell’ultima puntata di SCARAMOUCHE! (dal minuto 17:54)