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URBAN TRACK

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“Animus Anima”; questo il titolo dello spettacolo di danza a cui ho assistito in data 31
gennaio, presso il Teatro Lo Spazio di Roma, in via Locri 42. Il teatro
ha un’atmosfera accogliente e particolare. Il coreografo Ludovic Party, riconosciuto a livello internazionale e che ho avuto il piacere di incontrare, porta egregiamente sulla scena una tematica tanto antica quanto moderna nella sua costante attualità.

Ogni essere umano ha dentro di sé un’energia maschile e un’energia femminile, così come sostiene Jung, c’è una dualità nei moti dello spirito, nei colori dell’essenza, l’ombra e la luce si abbracciano.

C’è una lotta continua che ci muove e ci rende vivi. Apollineo e dionisiaco, riprendendo la
filosofia nietzschiana, sono in noi due componenti fondamentali, la ragione e l’intelletto con
cui ci approcciamo all’esistenza, così come la passione e il caos e il desiderio. Questi ruoli
complessi, che si scambiano tra loro e si alternano in questo viaggio, sono affidati ai ballerini
Vanessa Nacci e Marco Della Corte, dei quali mi hanno colpito l’elevata tecnica, qualità di
movimento e grande capacità interpretativa. I costumi di Emanuele Zito caratterizzano i
personaggi, che possono essere assimilati a un fauno e a una ninfa, e inizialmente sono vestiti
con due ampie gonne, rispettivamente una nera e una bianca. Quest’ultimo aspetto mi ha
ricordato il celebre costume di Giselle, nell’atto secondo, quando la protagonista si trasforma
in una vila e danza in una radura illuminata dalla luce lunare.

Anche lo spettacolo “Animus Anima” si apre nel buio come se volesse rappresentare la voragine infinita dell’essere, e le due energie si cercano con due lampade, ridono di gioia (oppure si stanno deridendo?), e poi si ritrovano schiena contro schiena, afferrano solo il respiro che le unisce. Allora cominciano a percepirsi mentre le note di “Rêverie”, brano al pianoforte di Claude Debussy del 1890, vibrano nell’aria. Si amano, si odiano, lottano, si vergognano l’uno dell’altra, si riabbracciano
e tornano ad osservarsi. Ogni presa, ogni slancio è un volo dell’anima come una colomba che
dispiega le ali, prendono la rincorsa e saltano per aggrapparsi alla verità: di fronte a uno
specchio sono uguali, si muovono in sintonia, si riconoscono nella meraviglia della vita.

Ed è questo che fa l’arte, ci educa alla bellezza, al sentire, nella società contemporanea in cui ci giudichiamo troppo spesso e ci sentiamo fragili e incompresi.

A volte basterebbe soltanto specchiarci, riconoscere tutte le sfumature che ci rendono unici, essere liberi dai condizionamenti, seguire le maree del cuore e imparare a danzare come loro. Lo spettacolo si chiude con i due ballerini che indossano dei pantaloni, e di nuovo tornano a cercarsi nel buio con le lanterne, le puntano sui volti del pubblico come a richiamare l’attenzione, un invito
alla danza che, citando Martha Graham, “è il linguaggio nascosto dell’anima.”

 

Articolo di Isabella Esposito