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“Luce”, il nuovo EP di Giuliano Crupi

Ciao Giuliano, come nasce il tuo nuovo progetto e qual è il messaggio che vuoi trasmettere?

Il mio nuovo EP “Luce” nasce dal singolo omonimo che avevo scritto nell’estate 2022 come esplicita dedica d’Amore alla mia compagna che, purtroppo, è venuta a mancare a febbraio scorso. Ha fatto però in tempo ad ascoltarla e ad amarla sin dal principio. La sua scomparsa mi ha colpito così duramente che ho dovuto interrompere la lavorazione dell’EP, che sarebbe dovuto uscire ad aprile scorso. L’EP è stato realizzato grazie al contributo di Nuovo Imaie e prodotto da Francesco Valente, che non smetterò mai di ringraziare. Il concept originario è stato del tutto ribaltato e non sarebbe potuta andare diversamente perché la mia vita è strettamente collegata alla mia musica, e non avrei potuto mentire al mio pubblico. Così, dopo la sua scomparsa, sono nate “Parlerò anch’io” e “Ancora un’altra volta”, la prima un grido di disperazione, la seconda una ninna nanna delicata. Non mi sono mai chiesto quale messaggio volessi trasmettere perché, l’ho sempre affermato, scrivo in primis per me stesso, ho la mia visione e non ho mai scritto per piacere e per compiacere il pubblico, ma spero e credo che le mie canzoni possano aiutare anche gli altri ed è la ragione per cui scelgo di condividerle.


In che modo la musica, l’arte, possono essere una salvezza?

Una perdita, un lutto, ma un qualsiasi momento di dolore e disperazione, hanno bisogno di essere vissuti profondamente, anche se oggi si tende a fare il contrario. Si cercano soluzioni immediate, vie di fuga di vario genere, iniezioni di dopamina salvifiche. Ma non c’è errore più grande, il dolore vuole essere visto, abbracciato, accolto, integrato, esattamente come la gioia. Senza fretta, senza l’ossessione della guarigione. Ridiamo così facilmente se siamo felici, piangiamo così difficilmente se soffriamo. Bisogna entrare nell’abisso che la vita ci ha costretto a vivere. L’arte in generale, per me la musica, è uno strumento potentissimo di trasformazione, di contatto con dimensioni ultraterrene, molto vicine alla follia. Ma la follia non è l’inferno, ma un contatto deciso e sincero con le profondità, territori in cui non tutti hanno accesso, e chi vi accede non sempre riesce a permanerci.  Se non ti spaventi, se cominci a camminare, a osservare, quella dimensione rivela verità sull’animo umano, sfaccettature che hai l’obbligo di condividere, diventi un tramite. Quella sensazione, che talvolta si manifesta come sacrificio e sofferenza, diventa però anche salvezza. La musica mi ascolta, mi accoglie, mi porta al di là del terreno, mi consente di parlarle ancora, di manifestare al mondo la sua presenza, di farla vivere ancora, seppur in un’altra forma. Ecco, “Luce” è tutto questo: è autenticità, nudità, fragilità, forza, è tentativo di trasformazione e di risorgimento, è follia, follia d’Amore, follia di dolore, follia che sfocia dentro le parole e dentro la musica. È, perciò, salvezza e sono certo che se non ci fosse stata lei, sarei ancora morto.


Il singolo “Luce” è intenso e struggente. Tu sei sempre stato impegnato nel sociale, vuoi raccontarci anche del videoclip?

Come ho sempre detto, la mia vita e la mia musica sono un unicum. Giuliano Crupi, uomo e artista, coincidono. Di conseguenza, come era accaduto, ad esempio, per il videoclip de “L’Amore è inopportuno”, in cui, da donatore regolare di sangue, decisi di parlare della donazione di sangue per invogliare le persone a fare lo stesso, così, nel videoclip di “Luce”, ho deciso di parlare della tematica dell’autismo perché mi riguarda personalmente. Da quasi tre anni, infatti, mi sono ritagliato un piccolo spazio settimanale in cui faccio ippoterapia con i ragazzi nello spettro autistico, unendo la mia passione per i cavalli alla mia missione di vita che include tante missioni, tra le quali, appunto, essere speranza, sollievo e cambiamento animico e positivo nelle vite altrui. “Luce” che è una dichiarazione d’Amore, diventa nel videoclip Amore universale, Amore declinato in un modo diverso, diventa Amore dei genitori per i figli, a prescindere dalla loro diversità. Ed era proprio questo l’intento: far conoscere l’autismo alle persone, cercando di abbattere le barriere del pregiudizio. È stato, peraltro, un altro tentativo di trasformazione del mio, del nostro messaggio d’Amore.

 

Invece nel secondo singolo “Parlerò anch’io“, dimostri che tutti siamo accomunati dal dolore e che non siamo soli…

“Parlerò anch’io” è la canzone che ho scritto poco più di un mese dopo la sua scomparsa. Mi è arrivata di getto, non l’ho scritta io, almeno non coscientemente. Non ricordo di averla scritta, non ricordo di averla provinata e registrata nell’home studio di casa mia. So solo che quando, qualche mese dopo, rientrai in studio e la feci ascoltare al mio produttore, ci commuovemmo e decidemmo di lasciare la voce che avevo registrato a casa, di non rifarla in studio perché quella originaria era così autentica e viscerale che non sarebbe mai venuta identica se la avessimo ricantata. Così è stato. Quel grido di dolore così intenso che, ho capito, col senno di poi, anche grazie ai tanti feedback ricevuti, era un grido di dolore comune, che appartiene a tutti gli esseri umani. Ecco, ho voluto rendere corale il videoclip per trasmette esattamente questo messaggio di unione nella sofferenza. Volevo dare voce a chi non ce l’ha, a chi, chiuso nel proprio dolore, non trova una via. “Parlerò anch’io” è un ponte che ci unisce, che ci ricorda che, anche quando crediamo di essere soli, non lo siamo. È il mio abbraccio per chi si trova nel dolore, a prescindere dalla sua causa. È la mia carezza, è la mia presenza e la mia voce che sussurra “non sei solo, non sei sola”.

 

“L’amore è inopportuno” è un’altra canzone che hai inserito nell’EP. Ciò che mi ha sempre colpito della tua arte, oltre alla grande umanità, è la vicinanza alla poesia.  Tu scrivi “L’amore non è mai bisogno ma necessità”. Quanto è importante ribadire questo concetto nel mondo contemporaneo sempre più offuscato dalla superficialità?

Sono tempi molto complicati, dediti alla velocità, al giudizio immediato, agli schieramenti, al deficit attentivo, dunque alla superficie. Io mi trovo, invece, a cercare la lentezza, la riflessione, l’osservazione, la presenza attiva in tutto ciò che ascolto, faccio, guardo, vivo e a ribadirne l’importanza. Lo dichiaro apertamente, sia nelle canzoni che nella vita. Bisogno e necessità vengono confusi come sinonimi, eppure non lo sono. Ad esempio, respirare è una necessità senza la quale moriremmo, acquistare un nuovo telefonino quando il nostro funziona ancora perfettamente è un bisogno – non di tutti per fortuna – non vitale, ma collegato a qualche mancanza inconscia, che poi è collegato al bisogno d’Amore. Tutto lo è. Ecco bisogno d’Amore significa ricercarlo con bramosia ovunque, per colmare un vuoto, aggrappandosi a qualsiasi fonte, vedendolo come una stampella e non come una risorsa. L’Amore, come necessità, significa invece essere consapevoli che l’Amore non si differenzia dalla respirazione: come lei, è necessario per poter vivere e, esattamente, come lei, ci appartiene dall’interno sin dalla nascita. I bambini amano in modo automatico, senza sovrastrutture, esattamente nello stesso modo in cui respirano. Infatti, a differenza della maggior parte degli adulti, loro respirano bene se li osservate, dal diaframma, in modo naturale. L’Amore è un moto interiore di vivere, di approcciarsi alle cose che facciamo, al lavoro, alle persone che incontriamo, agli amici e sì, anche, a una compagna o a un compagno. La relazione di coppia, però, non deve chiuderci verso l’esterno, ma deve aprirci, amplificarci quel moto interiore che ci appartiene sin dal principio e che, a volte, la vita rischia di offuscare. Teniamolo a mente e lavoriamoci ogni giorno.

 

So che a breve comincerà un tour per promuovere l’EP, vuoi raccontarci meglio i dettagli?

Il “Luce Tour” partirà Mercoledì 21 Febbraio alle 21:00 da “L’Asino Che Vola” (Via Antonio Coppi, 12d – Roma) e continuerà con altre date e altre città che stiamo pianificando e che usciranno, man mano, attraverso i miei canali social. Sarò accompagnato da due musiciste talentuosissime, i miei angeli custodi: al pianoforte da Licia Missori e al violoncello da Livia De Romanis. Un live profondamente intimista e emotivo, in cui avverranno tante cose. Nei miei live non c’è solo la musica, l’aggregazione, ma è un riunirsi di anime che si ritrovano nei sentimenti comuni e che si abbracciano. Non c’è una cosa che desidero di più in questo momento: portare “Luce” tra le persone, tra le anime e condividere con loro qualcosa di importante, che va oltre la musica stessa.

 

Articolo di Isabella Esposito