“Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883”, è la serie che parla a tutti
“Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883” è molto più di una semplice biografia della band, è un viaggio nostalgico che risveglia ricordi e rivela il cuore di un’epoca. Sydney Sibilia, già noto per il suo tocco ironico e profondo in film come Smetto quando voglio e Mixed by Erry, dirige questa serie Sky Original come un tributo ai sogni, alle disillusioni e al senso di ribellione dei ragazzi degli anni ‘90.
Sibilia fa rivivere l’avventura dei due amici Max Pezzali (interpretato da Elia Nuzzolo) e Mauro Repetto (Matteo Oscar Giuggioli), partiti dalla provincia di Pavia e arrivati a conquistare il panorama musicale italiano con la loro ironia e schiettezza.
Una storia universale
La serie evita con intelligenza di perdersi nella nostalgia fine a sé stessa e, pur essendo permeata dai riferimenti culturali degli anni ’90 — motorini, stereo a cassette, sale giochi e discoteche — parla a tutti. Non importa se si è vissuto quel decennio o meno: chiunque può identificarsi nel sogno di rivalsa di Max e Mauro. Sono i tipici underdog di Sibilia, “pirati” che, senza mezzi né competenze tecniche particolari, decidono di crearsi uno spazio nel mondo della musica italiana.
Con un tono che alterna il serio all’ironia, la serie esplora l’universo dei due amici, offrendo una riflessione sincera su cosa significava crescere senza le scorciatoie digitali di oggi.
Gli 883: amicizia, musica e unicità
Uno degli aspetti più apprezzati della serie è proprio il ritratto umano e mai idealizzato dei protagonisti. Max è il sognatore introverso, che in Repetto trova la giusta dose di spinta e sfrontatezza per buttarsi nel mondo della musica. La loro unione è quasi un “superpotere”, come suggerisce la serie, dove le loro differenze diventano il collante che li porta al successo. Questo ritratto è reso perfettamente dai giovani attori: Nuzzolo riesce a far emergere l’anima malinconica di Max, mentre Giuggioli dipinge un Mauro spensierato e quasi “punk” nella sua energia.
Un tuffo negli Anni ’90
La serie riesce anche a evocare la magia e la semplicità di quegli anni con una delicatezza che cattura il pubblico di ogni età. In un’epoca senza smartphone, in cui una semplice cassetta o un nuovo singolo rappresentavano un tesoro prezioso, ogni conquista aveva un sapore unico.
Sibilia riesce a celebrare quel periodo, usando lo stesso linguaggio crudo e diretto della band, senza esagerazioni ma con una vena di disillusione: la vita dei due protagonisti non è tutta rosa e fiori, e la serie non risparmia momenti di difficoltà e tensione. La regia e la sceneggiatura, quindi, non cadono in trappole sentimentali o retoriche, ma lasciano emergere la sincerità del loro sogno di ragazzi di provincia che vogliono solo esprimere se stessi.
Aspettando la seconda stagione
La prima stagione (8 puntate che potete recuperare su Sky/Now) si chiude su Mauro che, dopo aver ascoltato Come mai, dice a Max, “Ma io questa come la ballo?“. La risposta – che noi già sappiamo – arriverà nella seconda stagione, già confermata, che Sibilia e i suoi stanno scrivendo in questi giorni. Una storia che già conosciamo, certo, ma sarà un piacere nostalgico e emozionante rivivere quelle sensazioni filtrate dal mezzo televisivo, in una serie certo non perfetta, ma capace di raggiungere sia chi c’era, sia chi di quella storia ha solo sentito parlare.